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Simone Eterno27 giu 2025, 10:00
Ultimi aggiornamenti: 27 giu 2025, 13:29

Juventus, il turnover di Tudor specchio di un club che sembra accontentarsi di esserci

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Il turnover di Tudor proprio non si è capito. Secco. Così. Senza troppi giri di parole. Non si è capito semplicemente perché non aveva senso. La Juventus - questa Juventus - non è infatti nelle condizioni di poterselo permettere. Non contro una delle squadre più forti del mondo. E dunque, a priori, già per una questione di mera qualità, di gap tecnico e qualitativo tra le due rose. E non regge nemmeno la questione tirata fuori dallo stesso tecnico nel post partita, in quella necessità di far tirare il fiato a qualcuno e provare a far giocare qualcun altro. L'argomentazione, non ce ne vorrà Tudor, è fallace. 

Fallace in quanto la posta in palio ieri sera a Orlando era alta. In primis evitare molto probabilmente il Real Madrid agli ottavi per andare a pescare una tra Salisburgo o Al-Hilal. Già di per sé non proprio la stessa cosa. E poi, anzi, soprattutto, perché c'era la possibilità di finire nel lato 'buono' del tabellone. Quello appunto di un ottavo contro una squadra decisamente inferiore al Madrid; e in un eventuale quarto, poi, contro Inter o Fluminense. Partite decisamente più alla portata di ‘questa Juventus’. Che in qualche modo avrebbe anche potuto sognare in grande - perché no - in un’eventuale semifinale contro una tra Palmeiras, Botafogo, Benfica o Chelsea. Di qua, invece, dove effettivamente la Juve è finita dopo la scoppola presa dal Manchester City, le più forti del continente europeo: PSG, Bayern Monaco e sulla carta, almeno di clamorosissimi suicidi madrileni nella notte, lo stesso Real. Insomma, provare a prendere quel pari che ai bianconeri sarebbe bastato per arrivare primi, era qualcosa in più di buon affare. E invece, già alla lettura della formazione, si è capito come per la Juventus, a Orlando, sarebbe andata a finire.

Da Kostic a Koopmeiners, da Vlahovic a Nico Gonzalez… E in panchina Thuram, Kolo Muani e soprattutto Kenan Yildiz, il capocannoniere dei bianconeri in questa competizione nonché giocatore apparso come il più in forma. Poi, per carità, magari non sarebbe cambiato l’esito finale. Di certo però avremmo visto - proprio come abbiamo fatto dall’ingresso di Thuram e Yildiz - una Juventus più competitiva; una squadra in grado di attingere quel pizzico di forza e qualità in più, caratteristiche per giunta queste ultime già piuttosto rare nell’attuale rosa dei bianconeri.

E invece Tudor non ha sostanzialmente nemmeno provato a mascherare l'ovvio: ossia che in questo momento storico il Manchester City appartiene a una categoria - quella dell’elite - di cui i bianconeri fanno parte, a oggi, solo per blasone più che per reali caratteristiche dei giocatori a disposizione. Sbatterlo in faccia a tutto il mondo così, però, non è nemmeno ‘sta gran operazione di marketing e comunicazione, aspetti per altro piuttosto cari al mondo Juve.

Con un discorso, infine, che va poi a ricadere ancora una volta sempre lì: che cosa ne si vuole fare di questo Mondiale per Club? Prenderlo seriamente come tante hanno fatto, oppure rifiutarsi di guardare alla logica dell'occasione - i due risultati su tre della Juventus prima del fischio d'inizio ieri sera - per una non ben comprensibile 'opportunità' di far giocare anche gli altri in quanto già qualificati agli ottavi in ogni caso? La sensazione, nella risposta che ha dato Tudor - e di conseguenza anche il club che Tudor con le sue scelte rappresenta - è che alla Juventus, oggi, siano in fondo loro stessi in primis consapevoli dell’attuale dimensione cui appartengono. Quella di un club che sembra volersi accontentare di fare gli ottavi di finale - il minimo sindacale alla vigilia - in quanto consci di non avere le armi per giocarsela davvero coi più forti del mondo. Che poi, a pensarci bene, oggi, alla Juventus, questa cosa qui, è proprio il principale problema da risolvere.

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